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Interview with Leonetta Bentivoglio / La Repubblica, 18th November 2007:
l'incontro: Zubin Mehta
Ha diretto orchestre in tutto il mondo, ma ha un rapporto privilegiato con Israele per via, dice, dell' antica religione monoteistica di famiglia. Considera Vienna una seconda casa, il suo "salotto". Abita a Los Angeles, ma è con L'India che non ha mai interrotto i rapporti. Il suo sogno, ripete, è invecchiare "immerso nella sacralità della grande natura" del Kashmir. Resterà solo un sogno, aggiunge, "perché a un maestro piace morire sul podio".
capace di provocare il pianto e ilriso. Potrei dirigere quest' opera in ogni momento della mia vita.E anche La Valchiria di Wagner: mi toccano nel profondo isentimenti che vi sono espressi, i forti legami fraterni, l' amoredel padre per la figlia che, per intesa spirituale, per lui èquasi una fidanzata. Tutto è concreto, vivido, riconoscibile". Zubin ha una fede incrollabile nella musica classica, nel suopotere di pacificare e superare differenze, nella sua eternaattualità: "Si dice che il pubblico è invecchiato, che non c' èricambio, che dilaga la crisi. Ma anche quand' ero giovane ci silamentava che i giovani non venissero ai concerti. Quelli che oggisono maturi o vecchi dove stavano cinquant' anni fa? Non eranoforse i giovani di allora? Io credo che non ci sia alcunaflessione d' interesse: semplicemente la musica classica si facapire e apprezzare di più da chi ha superato i quarant' anni.Crescendo si comprende meglio il senso e il peso della cultura,diventa più necessaria. Non a caso i musei non traboccano diventenni. Però a Firenze, qualche mese fa, ho diretto Wagner: L'Oro del Reno e La Valchiria, con l' allestimento del gruppoteatrale spagnolo Fura dels Baus, e il pubblico è accorsofoltissimo, tutto esaurito e con una forte componente giovanile,c' è stato un gran passaparola. Sono convinto che noi musicistipossiamo ancora parlare al cuore della gente, di ognigenerazione". Zubin, che ama tanto Wagner, ha cercato dieseguirlo anche in Israele, a cui lo lega un rapporto d' intensaaffezione e di fervido sostegno politico. Non ha mai rinunciato adirigervi concerti, neppure in situazioni estreme. Quando scoppiòla Guerra dei sei giorni riuscì a raggiungere Israelefortunosamente, su un aereo da trasporto della El Al, sedendo sucasse zeppe di munizioni (ma questo lo avrebbe scoperto solo all'arrivo): voleva stare vicino ai suoi amici israeliani. E una notteche era a Gerusalemme, all' Hotel King David, un proiettile foròla parete sopra il suo letto, mentre dormiva: "Ho un buon angelocustode, gli spari non mi hanno svegliato". Quando volle proporrea Israele il preludio e la morte d' amore dal Tristano e Isotta diWagner in sala esplose il finimondo: "Insulti, grida, gente chetentava di salire in palcoscenico, aggressioni fisiche agliorchestrali, un caos furioso. Nel pubblico c' era gente che avevasentito Wagner nei lager, e che aveva ancora il numero tatuato sulbraccio. Non si può non rispettare certe emozioni. D' altra partela storia della musica degli ultimi centocinquant' anni sarebbeimpensabile senza Wagner". Perché tanto incondizionato amore perIsraele? Non c' entra il fatto che Zubin fa parte di unaminoranza? Mehta discende da un' aristocratica famiglia di anticatradizione parsi, i seguaci di Zarathustra che fuggirono dallaPersia per sottrarsi al dominio arabo che aveva islamizzato laloro terra: "Oggi i parsi sono ottantamila nel mondo, di cuisessantamila in India: una fetta minima della popolazione indiana.Forse anche per questo sono legato a Israele. La nostra religione,un monoteismo fondato sul conflitto tra luce e tenebre, ha qualcheanalogia con l' apocalittica giudaica. Abbiamo affinitá culturalicon gli ebrei: come loro diamo un' enorme importanza all'educazione e alla beneficenza, aiutiamo molto i nostri poveri.Santi, per noi, sono gli elementi naturali, il fuoco, l' acqua, laterra, per questo non possiamo bruciare o seppellire i nostrimorti. Vengono posti in una grande fossa circolare murata dove limangiano gli avvoltoi, e c' è uno sbocco che porta le ossa almare. Si chiama Torre del Silenzio. Nel nostro tempio si prega ilfuoco, una forza che può distruggere e creare, e il mese di aprileè dedicato all' acqua. Ricordo mia madre che pregava davanti almare". Della sua India è fiero, ma con riserve polemiche: "Miriempie d' orgoglio l' esplosione economica del paese e l'impressionante sviluppo delle nuove tecnologie, ma trovoinsopportabile l' idea che il sessanta per cento degli abitanti diBombay non abbia acqua potabile. Quando ho cominciato a lavorarein America, nel '61, ero quasi l' unico indiano conosciuto negliSVIENNA / Il sogno del direttore d' orchestra Zubin Mehta ètrascorrere la sua vecchiaia in Kashmir, "immerso nella sacralitàdella natura, in una casa da cui si veda il punto di confluenzatra i fiumi Gange e Jamuna". Pensa a quei cieli, a quelle foreste,a quelle montagne. Spesso fantastica sui sapori speziati dell'India: "Sono indiano al cento per cento, dentro e fuori. Nessunacucina mi soddisfa tanto, neanche quella italiana, che pure èmeravigliosa, diciamo che merita il secondo posto. Nessuna terrami appartiene così intimamente come il mio paese. Da tempo abito aLos Angeles e ho un' altra casa in Toscana, adorata da mia moglieNancy, che ne ha fatto il suo rifugio ideale. Ma che felicitàtornare a Bombay, dove sono nato. Apro la finestra e mi affacciosu un flusso di migliaia di persone, oceani incredibili diumanità. Scendo per strada ed è come nuotare, mi piace confondermitra la folla senza che nessuno mi riconosca". Musicista displendente e pluriennale successo, Mehta è una star senzafrontiere, accolto sul podio delle migliori orchestre occidentali.Figlio del violinista e direttore Mehli Mehta (che creò a Bombayla prima formazione sinfonica indiana), aveva poco più di vent'anni quando diresse i Wiener Philharmoniker e poi i Berliner.Allievo di Hans Swarowsky a Vienna, dove conobbe Daniel Barenboime Claudio Abbado, amici e complici da allora e per sempre, è statoplasmato fin da ragazzo (a diciott' anni sbarcò in Europa, proprioin senso letterale, approdando in Italia via mare per poiraggiungere l' Austria in treno) dall' aureo linguaggio stilisticodella suprema civiltà musicale occidentale. Per questo consideraVienna la sua seconda casa: "Ogni volta che ci arrivo è comeentrare nel mio salotto". Lungo i decenni, con risultatigloriosi, ha governato la Los Angeles Philharmonic e laFilarmonica di New York, ha diretto uno dei più prestigiosi teatrilirici del mondo, la Staatsoper di Monaco di Baviera, ed è statonominato "direttore a vita" della Israel Philharmonic. Eppure nondimentica, non rinnega, non ha mai dato l' anima intera all'Occidente. Insiste nel cullarsi in nostalgie speciali: "Infamiglia sono cresciuto parlando un dialetto della linguagujarati, la stessa del Mahatma Gandhi. Ho avuto un rapportofortissimo con i miei genitori, entrambi molto longevi. Mio padreè morto a novantaquattro anni, mia madre a novantasei, e quandoavevo più di sessant' anni potevo ancora conversare con loro ognigiorno. Uno dei motivi per cui li chiamavo spesso era il piaceredi usare la mia lingua, che ho perso da quando non ci sono più.Adesso, quando telefono a mio fratello Zarin a New York, gli parloin gujarati e lui mi risponde in inglese. Per me è una tragedia".Di leggendaria bellezza da giovane, un rubacuori con pochiconfronti, un mito di avvenenza persino a Hollywood, in mezzo aidivi del cinema, molti dei quali sono stati suoi amici, oggi ZubinMehta, nato nel '36, è un settantenne affascinante, il voltoliscio con la pelle d' ambra, il gioco malizioso del sorriso, latesta regale, da leone buono. Il nostro incontro avviene a Vienna,seconda tappa (dopo Varsavia e prima di Francoforte e Baden-Baden)di una tournée europea alla guida dell' Orchestra del MaggioMusicale Fiorentino, che Mehta chiama "la mia famiglia italiana",e che dirige come maestro principale dall' 85. Con l' amato Zubinsul podio (amato perché ha un' indole calda e generosa), l'orchestra ha debuttato nella sala viennese del Musikverein, il piùambìto e sontuoso tra gli spazi musicali (è sede del Concerto diCapodanno), con due serate dall' esito trionfale. In programmafiguravano tra l' altro una Prima Sinfonia di Brahms limpida econtrastata e una Patetica di Ciaikovskij di struggimentoinevitabile. In coda una suite di italianissimi bis: Puccini,Verdi, Mascagni. Platea vibrante di emozione, persino Zubin, lassùsul podio, pareva commosso. "Certo che mi commuovo, accadesempre, non c' è routine. Sono i miei musicisti ad ispirarmi",spiega. Niente, racconta, gli dá più piacere del dirigere l'Eroica di Beethoven. E soprattutto il Don Giovanni di Mozart, che"è insieme pathos e commedia,tati Uniti. Oggi non c' è ospedale né borsa né compagniafinanziaria dove non lavorino gli indiani. Sono gli artefici delleinfrastrutture americane. Però in India, su un miliardo e duecentomilioni di abitanti, solo quattrocento milioni sanno leggere escrivere. Gli altri vivono nell' ignoranza e nella povertà. Inalcuni villaggi vige ancora il sistema per cui si ammazzano lefiglie femmine, in quanto meno utili per i lavori nei campi. Èspaventoso". In India ha miriadi di parenti e cugini ("quandodirigo a Bombay devo aumentare le repliche dei concerti perpoterli invitare tutti"), ma numerosi membri della sua famigliavivono altrove. Dalla prima moglie, Carmen, canadese (che dopo ildivorzio da Zubin ha sposato suo fratello Zarin Mehta, oggisovrintendente della New York Philharmonic), ha avuto due figliche lo hanno già reso nonno, e che vivono l' una a Montréal e l'altro a Philadelphia. È americana Nancy, bellezza bionda ed exattrice, sposata nel '69 e da allora compagna inseparabile diZubin, da cui non ha avuto figli. E in più il maestro ha due figlinati fuori dai matrimoni, una a Los Angeles e l' altro in Israele."Mi piace l' idea d' invecchiare tra i nipoti, vorrei vederlitanto di più. Se avessi quella certa casa in Kashmir verrebbero atrovarmi? Temo proprio di no. Per questo il Kashmir resta solo unsogno". E allora meglio non smettere di dirigere, fino alla finedei suoi giorni: "A noi direttori piace morire sul podio".
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